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#1 2021-06-15 05:54:19

pravdania
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Recensione: Vagina artificiale Uovo Pippa Facile™ Tenga®, “Setosa"

Un racconto di Delicious Tacos

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Il guanto da seghe giunse per posta un martedì. “Proprio come una donna vera: ci mette un'eternità a venire”, pensò lui. Ecco una battuta che non potrai mai fare in pubblico.

Come promesso il pacchetto era insospettabile. Una scatola sorprendentemente piccola. Dentro la quale c'era un ovetto di plastica contenente il guanto da seghe. Ancorché piccolo, lo si poteva estendere, secondo il foglietto, “per accogliere peni di ogni taglia”. C'erano anche indicazioni su come ottimizzare la stimolazione su glande e frenulo; qualche grafico era stato pagato per disegnare mani in varie posizioni che stiracchiavano questo pezzo di silicone su un membro di buona grandezza. È pur sempre uno stipendio. Dentro l'orifizio di quella cosa c'era una confezione monodose di lubrificante, ma lui optò per Curel Crema Pelle Terapia Intensa. Sèrbati la roba speciale per un giorno di pioggia.

Vi risparmio i dettagli. Era la prima volta che ne usava uno e venne quasi subito, togliendosi di dosso con astio quell'arnese e spruzzando nel lavandino per risparmiarsi il lungo processo di pulizia. “Proprio come una donna vera, ti fa sborrare troppo in fretta”, pensò, “e devi tirarlo fuori prima”.

Aveva comprato il meno caro che avesse buone recensioni. Come un poveraccio. Non aveva letto le avvertenze in piccolo: costava poco e c'era il lubrificante incluso perché doveva essere monouso. In fondo al foglietto illustrativo c'erano le parole “Da smaltire dopo il piacere. Provate una delle nostre otto differenti superfici.” Dopo tipo la quinta volta il guanto cominciò a diventare ruvido e stiracchiato, e non lo eccitava più. L'addio trionfale fu col lubrificante incluso, che gli fece odorare di mandorle il pisello. Svuotò il suo seme in quella cosa immaginando di spedire un bimbo indesiderato in un giovane grembo fertile. Poi la gettò nella spazzatura sopra a qualche fondo di caffè.

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Qualche settimana dopo stava preparando del pollo. Spesso gli capitava di cucinare per qualche ragazza, ma questo era un piatto speciale che faceva solo per sé. Una Confezione Famiglia Vons di parti di pollo a novantanove centesimi a libbra, cotta in salsa barbecue Kraft. Sua madre gliela preparava sempre per il compleanno, e adesso lui ci pensava da sé dopo una giornataccia di lavoro. Si sarebbe imbarazzato a farsi vedere in quella situazione. Gli piaceva che la gente lo pensasse a scottare pesci del posto con rosmarino fresco. Poi il campanello suonò. Era la vagina artificiale Uovo Pippa Facile™ Tenga®, “Setosa”.

Stava piangendo. “Mi dispiace”, disse, “m'è andato male un appuntamento. Ero nei paraggi e dovevo andarmene da lui. Scusami, scusami, avrei dovuto chiamarti. Posso entrare?”

“Certo”, disse lui. Non sapeva che altro dire. Stava bevendo vino. Non era preparato all'eventualità di avere a cena la sua vagina artificiale diventata vera.

“Ti ringrazio”. Fuori pioveva; lei aveva qualche brivido. “Che stai cucinando? Ha un profumo favoloso”.

“Oh, è giusto... giusto una minchiata. Me lo faceva mia mamma.”

“Ha un profumo favoloso.”

“Grazie. Cioè, non... non è nulla di complicato.”

“Posso averne un po'?”

Lui impallidì per un istante. Ovvio che non avesse mai cucinato per lei. L'aveva solo scopata e risciacquata e rimessa in un cassetto. Non avrebbe mai minimamente considerato di cucinare questo pollo per un ospite, e di certo non per una donna. Ma a chi importa se lei pensava che fosse una cosa stupida. Chi mai potrebbe autoinvitarsi a cena senza preavviso. Da un tizio che ti ha chiavato cinque volte e poi gettato via. Di ciò che pensava lei, chi se ne frega.

La servì. Poi toccò a lui. Lei ne tagliò un boccone e ci soffiò sopra. Lo gustò.

“Mammamia... è buonissimissimo!”

“Ha ha. Davvero?”

“Il miglior pollo che abbia mai mangiato.”

“È giusto una scemata per consolarsi, mia mamma me lo faceva per i compleanni.”

“Beh tua mamma era fantastica.”

Cenarono e ascoltarono la pioggia. Lei finì il piatto e ne chiese ancora. Le ragazze non lo fanno mai.

“Senti”, disse “So che è da maleducati, ma posso dormire qui stanotte? Ho un dvd in borsa. Non ti romperò le scatole. Ero venuta da lui in autobus e sta piovendo e non voglio stare sola.”

Era un'improvvisata ma lui non sapeva dire di no. Il film era Andrei Rublev di Tarkovsky, un'epica russa medievale. C'erano battaglie campali e panorami antichi e si buttava un cavallo da una rampa di scale. Un capolavoro. Non le aveva mai parlato di cinema, chiaro. Non sapeva che lei avesse un gusto tanto fine. Si addormentarono insieme sul divano, con la schiena di lei a scaldargli il petto mentre la pioggia soffiava tra le foglie. Al mattino era sparita.

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Una settimana dopo lo chiamò. Non riconosceva il numero ma rispose lo stesso. “Ciao”, disse lei, “Non voglio sembrarti strana ma parto per il deserto questo fine settimana e volevo sapere se venivi con me. Ho una stanza in questo posto dove c'è una sorgente termale.”

Otto anni a Los Angeles e non aveva mai visto il deserto. Il suo lavoro l'aveva reso un rottame; era venerdì sera. Magari era pazza, ma perché dirle no.

Al mattino partirono per le terme del deserto nella decappottabile della ragazza. Lui guardò passare le colline, le piante e le rocce che cambiavano, ed era elettrizzato. Nuovi uccelli volavano in cerchio sulla superstrada. Nuovi fiori crescevano nei crepacci. Le chiese di accostare e si fotografò con un cactus.

Lei aveva preso una stanza in un alberghetto sopra la sorgente di acqua calda, dedicato a turisti tedeschi. Si sedettero nell'enorme vasca, nudi, mentre il tramonto copriva il deserto e un geococcyx spuntava per bere dal bordo. I grilli cantarono e un coyote ululava. Dalle montagne scese il vento a piegare il muro di bambù dietro di loro. Non era mai stato così felice in vita sua.

Furono insieme per un anno. Lui non cancellò il suo profilo su OkCupid, e non dichiarò di essere “in una relazione” con la sua vagina artificiale su facebook. Non la presentò ai suoi amici. Ma lei veniva a trovarlo tre notti a settimana, o durante il giorno quando le si rompeva il condizionatore, a cazzeggiare e guardare film e bere vino e parlare. Campeggiarono sui monti, catalogando le ventiquattro differenti varietà di roditori del parco nazionale. Non scopavano più. Teneva troppo a lei. Per scopare qualcuno devi volergli far male. Ci provarono per un po' ma finiva per guardarla negli occhi e mettersi a ridere.

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In primavera lei dovette fare una visita. Dopo lo chiamò, in lacrime. Gli disse che dovevano vedersi. Ho un cancro, disse. Sarebbe entrata in terapia ma probabilmente non ce l'avrebbe fatta. Lo batteremo insieme, disse lui. Lo batterai. No, non è vero, e devi fare una cosa per me. Lei non aveva nessuno. Niente famiglia. Se arrivo al punto in cui sono viva ma non sono più la stessa, disse lei, voglio che tu dica loro di staccare la spina. Lui non poteva immaginarsi a fare una cosa simile, ma come poteva dire di no.

L'accompagnava a farsi la chemio e la radioterapia; lei gli raccontava storie in macchina. Sulla sua infanzia. Cose che non aveva detto a nessuno ma che adesso doveva raccontare a qualcuno, altrimenti non sarebbero mai successe. Venne fuori che ne aveva sopportate di cotte e di crude. Uomini che se la giravano da quando era bambina. La vita di un guanto da seghe. Le radiazioni le bruciarono la pelle e i farmaci la facevano vomitare di continuo, e cominciò a scivolare via. Lui le si sdraiava accanto sotto la borsa dell'intravenosa tenendole la mano. Se ne stava andando ma era sempre lei, sempre brava a farlo ridere.

I farmaci non funzionarono e dovette operarsi. Lui stava in sala d'aspetto a leggere la copia dell'ospedale di Rettili, la rivista per gli amanti dei rettili domestici. Il pezzo principale era sulla rana pomodoro. Sembrano banali nell'adolescenza, ma non fatevi ingannare: da adulte s'infiammano di un possente rosso aranciato. Specialmente la femmina, che è un po' più grande. Un anfibio vivace e impegnativo. Lui si chiese che dovesse capitare perché Rettili scrivesse una recensione negativa. Proseguì con la Fase Scura della Serpe del Grano delle Everglades finché non si accorse che gli tremavano le mani.

Uscì un medico. C'erano state complicazioni. Uno dei tumori era vicino a un'arteria che avevano incisa per sbaglio. Lei prendeva anticoagulanti e si stava dissanguando. Forse non si sarebbe più svegliata. Anche fosse, avrebbe subito carenze di ossigeno al cervello. Non sarebbe più stata la stessa. Capisco, non voleva essere rianimata. Ci deve firmare dei fogli. Gli fecero tenere la sua mano mentre lei moriva, con quella stupida macchina che faceva bip come alla tv.

Era stata malata a lungo, magra e grigia con gli occhi infossati e senza sopracciglia, capace a malapena di parlare per la maggior parte del tempo. Ma non è così che la ricordava, mentre guidava verso casa cercando di non scoppiare a piangere nel traffico. Si ricordò del deserto. La piscina termale. Mentre la baciava nell'acqua calda e il vento frustava i bambù avanti e indietro. Il modo in cui l'aveva lasciato l'avrebbe ferito per sempre, ma per nulla al mondo avrebbe dato via quel ricordo.

Voto finale: cinque stelle su cinque.


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